Mercoledì, 02 Ottobre 2013 20:06

Inascoltate nella Chiesa le voci critiche sulla canonizzazione di Giovanni Paolo II

Scritto da  Gerardo

Ci sembra urgente elevare il grido di sdegno, pensando alla devastazione operata in America Latina.
Nel seguito, il corposo lavoro di Vittorio Bellavite (Noi Siamo Chiesa), ben corredato di documentazione volto a ottenere almeno una discussione sulle obiezioni sollevate.



Comunicato stampa

Del tutto inascoltate dalle gerarchie della Chiesa le obiezioni alla canonizzazione  di Giovanni Paolo II annunciata  oggi da Francesco nel Concistoro

 
Dopo solo otto anni dalla  morte, papa Wojtyla sarà proclamato santo il  27 aprile, come ha annunciato  questa mattina   papa Francesco  nel corso del   Concistoro. In nessuna considerazione sono state tenute le forti obiezioni alla canonizzazione che, dall’inizio, sono state fatte all’interno della Chiesa sia per quanto riguarda i tempi troppo ravvicinati sia per essere stato Giovanni Paolo II scarsamente impegnato nell’attuazione del Concilio Vaticano II e, per questo motivo, elemento di divisione tra i credenti.
        
Primo e più importante portavoce di queste riflessioni critiche è stato Giovanni Franzoni, già abate di S. Paolo fuori le mura e Padre conciliare. Egli fu promotore nel dicembre 2006 di un “Appello alla chiarezza” (vedi Allegato), che fu firmato  da teologi ed esponenti di base della Chiesa in tutto il mondo e da movimenti ed associazioni (si allega quello dell’International Movement  We Are Church). In esso si argomenta  in senso contrario al processo di beatificazione ricordando in particolare :
1° - La repressione e l’emarginazione esercitate su teologi, teologhe, religiose e religiosi, mediante interventi autoritari della Congregazione per la dottrina della fede.
2° -  La tenace opposizione a riconsiderare – alla luce dell’Evangelo, delle scienze e della storia – alcune normative di etica sessuale che, durante un pontificato di oltre 26 anni, hanno manifestato tutta la loro contraddittorietà, limitatezza e insostenibilità.
3° -  La dura riconferma della disciplina del celibato ecclesiastico obbligatorio nella Chiesa latina, ignorando il diffondersi del concubinato fra il clero di molte regioni e celando, fino a che non è esplosa pubblicamente, la devastante piaga dell’abuso di ecclesiastici su minori.
4° -  Il mancato controllo su manovre torbide compiute in campo finanziario da istituzioni della Santa Sede, e l’impedimento a che le Autorità italiane potessero fare piena luce sulle oscure implicazioni dell’Istituto per le opere di Religione (Ior, la banca vaticana) con il crack del Banco Ambrosiano.
5° -  La riaffermata indisponibilità del pontefice, e della Curia da lui guidata, ad aprire un serio e reale dibattito sulla condizione della donna nella Chiesa.
6° - Il rinvio continuo dell’attuazione dei princìpi di collegialità nel governo della Chiesa romana, pur così solennemente enunciati dal Concilio Vaticano II.
7° - L’isolamento ecclesiale e fattuale in cui la diplomazia pontificia e la Santa Sede hanno tenuto mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, e l’improvvida politica di debolezza verso governi – dal Salvador all’Argentina, dal Guatemala al Cile, da Haiti al Brasile – che in America latina hanno perseguitato, emarginato e fatto morire laici, uomini e donne, religiose e religiosi, sacerdoti e vescovi che coraggiosamente denunciavano le «strutture di peccato» dei regimi politici dominanti e dei poteri economici loro alleati.

Queste obiezioni contenute nell’“Appello alla chiarezza” non vogliono naturalmente negare gli aspetti positivi della sua personalità ed il suo impegno per la pace nel mondo e il coraggio  di ammettere le colpe storiche dei figli e delle figlie della Chiesa nel passato.

Queste posizioni venivano formalizzate (vedi Allegato)  da   Giovanni Franzoni, a nome di tutti i firmatari dell’appello, il 7 marzo 2007 davanti al Tribunale competente del vicariato di Roma. Con il nuovo pontificato, ritenendo che la situazione si sarebbe  potuta modificare, Giovanni Franzoni si rivolgeva direttamente l’11 luglio a papa Francesco con una lettera che è stata  in seguito pubblicata dall’agenzia di stampa Adista  (vedi Allegato). In essa egli aggiungeva alle argomentazioni precedenti, l’occultamento di casi di abuso di minori da parte del clero, la cui responsabilità ha pesato e  pesa non solo su tanti vescovi diocesani o superiori di ordini religiosi ma, fatto ben più grave,  su gli stessi  vertici della gerarchia (sullo stesso romano pontefice e sulla Congregazione per la dottrina della fede). Questa lettera non ha avuto risposta.
 
I dubbi e le perplessità  su questa decisione sono state aumentate dall’orientamento, che è ormai prevalso a Roma in questo caso e in passato, di voler cercare di canonizzare  tutti, o quasi tutti, i papi, quasi a santificare il ruolo stesso del vescovo di Roma. E’ una posizione del tutto discutibile dal punto di vista teologico. Né vale sostenere che si santifica l’uomo, con la sua fede e la sua passione per la Chiesa. La moralità e la santità di un papa sono strettamente intrecciati con le caratteristiche del suo magistero o, almeno,  così vengono  sicuramente  percepite da gran parte del popolo di Dio. Perlomeno sarebbe stato saggio lasciare scorrere il tempo per poi giudicare con maggiore serenità ecclesiale e storica. I fautori del “Santo subito!” sono riusciti a travolgere le più elementari obiezioni e lo stesso buon senso.
 
Roma, 30 settembre 2013 

NOI  SIAMO CHIESA
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Web www.noisiamochiesa.org

 
Allegati:
- "Appello alla chiarezza" del 6 dicembre 2006
- "Deposizione-testimonianza di Giovanni Franzoni" del 7 marzo 2007
- "Dovere di obiezione”, lettera aperta di Giovanni Franzoni a papa Francesco dell’11 luglio 2013
- "Statement of the International Movement We Are Church" del 16 gennaio 2011
 
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